Disordine mentale.

Di Luca Duzzi

La xenofobia è stata definita disordine mentale, e si basa su due semplici concetti: la paura o il disagio provocato da una minoranza etnica, presente all’interno d’un’altra con magior numero di individui, o la paura di una diversità comportamentale e culturale di società sia interne che esterne ad uno stato o nazione. Oggi sembra assurda tale fobia, difatti il pensiero comune sostiene che non c’è differenza fra individui.

Voglio chiarire una cosa sin dal inizio.
Non siamo tutti uguali. Ed ancor meno io son uguale ad altri.
Gli uomini si dicon uomini come ai cani si dice cani. A qualunque mammifero, carnivoro, iscritto al genere Canis, addomesticato cioè distinto dal lupo si può attribuire il nome cane. Ma si può supporre anche per un solo momento che un molosso sia uguale ad un fox terrier?  Beh, chiunque sano di mente credo capirebbe la differenza. E credo anche, che senza molte difficoltà, si possa coglier le caratteristiche fisiche, comportamentali e culturali che l’uomo ha sviluppato nelle diverse aree geografiche, che hanno  fatto da teatro alla sua storia evolutiva. Detto questo si può capire senza alcun dibattito morale che esistono diversi tipi di uomini come esistono diversi tipi di cani. Ma quale fra tutte è la migliore o la più pura? Quale razza si può dire iperborea?  Questa è la domanda che fa da maschera alla xenofobia.

La risposta, al contrario del disordine mentale che caratterizza la xenofobia, è semplicissima.  Naturalmente nessuna: l’uomo moderno è presente sulla terra da 200.000 anni, ed in tutto questo tempo mi sembra assurdo affermare che con lo scambio culturale e sociale avvenuto tra i popoli si sia mantenuta a livello genetico una razza superiore ad altre. Per cui se nessuno è diverso in quanto tutti siamo uomini e nessuno è uguale ad altri, si può tuttavia dire che siamo tutti simili o meglio come disse De Andrè  simili ai nostri simili.    
             
Quindi, scartata la genetica, cosa può dar credito alla xenofobia? Naturalmente gli ideali.
Nietzsche afferma che si può ritrovare l’istinto d’alterigia in tutti quei luoghi in cui ci si senta idealisti. Ovunque, in virtù di una superiore provenienza, si accampi il diritto di guardare alla realtà con superiorità e distacco. E chi in mano ha questi  ideali li giochi con benevolo disprezzo contro l’intelligenza, i sensi, gli onori, il vivere bene, la scienza, i diritti ed infine l’uomo.
Fino a quando queste idee vivranno in  superiori specie d’uomini, questi negatori, denigratori, avvelenatori di professioni della vita, non vi sarà risposta alla domanda: Che cosa è verità?
Uno ha già capovolto la verità quando il consapevole avvocato del nulla o della negazione passa per rappresentare della verità. Per cui, in mancanza di verità, data l’assurdità di detta fobia, trovo impossibile appoggiarla con degli ideali.                                                                                                                                                  

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