di Francesco Martina (3Bls ISIS Magrini Marchetti)
...il quale ha portato prima alla vittoria dell’ala indipendentista del parlamento inglese (UKIP), poi alle dimissioni del primo ministro Cameron (e al conseguente scioglimento del suo governo) e, infine, alla formazione del governo di Theresa May, il quale [governo] ha sostenuto e alimentato il processo di uscita del Regno Unito dalla C.E. (nonostante le resistenze di Scozia e Nord Irlanda, le quali avevano votato contro l’uscita dell’Inghilterra dall’UE).
Questo voto, come quello delle presidenziali americane, dove tutti i poteri forti (commercio, economia e finanza, telecomunicazione) erano convinti che avrebbe vinto Hillary Clinton), ha scatenato una serie di eventi prevedibili a livello sociale ed economico (con il crollo quasi simultaneo delle Borse mondiali e del valore della sterlina rispetto ad euro e dollaro e, nei giorni immediatamente successivi alla divulgazione dell’ esito, anche a proposte di referendum per l’indipendenza di Scozia e Irlanda del Nord dal Regno Unito). La cosa preoccupante e divertente (per modo di dire),però, è che il Parlamento Europeo, in Settembre, ha deciso di lasciare la patata bollente al Parlamento Britannico, che dovrà votare pro o contro la Brexit.
Ufficialmente, però, l’Alta Corte di Giustizia britannica ha dato ragione all’ala filoeuropeista del Parlamento inglese, che chiedeva la votazione delle camere consultive, solo il 3 Novembre; Questo verdetto ha scatenato varie proteste del governo e del popolo filoindipendentista, che però non hanno portato a niente. Probabilmente il governo e, più in generale, gli euroscettici inglesi, non volevano che si arrivasse ad una conclusione del genere siccome in entrambe le camere consultive, sia in quella dei Comuni, sia in quella dei Lords, c’è una corposa maggioranza di sostenitori del remain, il cui voto potrebbe giocare un brutto scherzo al governo May,che si troverà, dopo il voto ,la cui data è ancora ds destinarsi, ad un bivio: da una parte, in caso di conferma del si all’uscita, continuerebbe [il governo May]per la sua strada; se però dovesse vincere il no, dovrebbe [il governo May]attuare una Brexit più leggera o, addirittura, in caso di una schiacciante vittoria del no, la [Theresa] May rischierebbe di dover dire di no alla Brexit. Staremo a vedere.
Questo voto, come quello delle presidenziali americane, dove tutti i poteri forti (commercio, economia e finanza, telecomunicazione) erano convinti che avrebbe vinto Hillary Clinton), ha scatenato una serie di eventi prevedibili a livello sociale ed economico (con il crollo quasi simultaneo delle Borse mondiali e del valore della sterlina rispetto ad euro e dollaro e, nei giorni immediatamente successivi alla divulgazione dell’ esito, anche a proposte di referendum per l’indipendenza di Scozia e Irlanda del Nord dal Regno Unito). La cosa preoccupante e divertente (per modo di dire),però, è che il Parlamento Europeo, in Settembre, ha deciso di lasciare la patata bollente al Parlamento Britannico, che dovrà votare pro o contro la Brexit.
Ufficialmente, però, l’Alta Corte di Giustizia britannica ha dato ragione all’ala filoeuropeista del Parlamento inglese, che chiedeva la votazione delle camere consultive, solo il 3 Novembre; Questo verdetto ha scatenato varie proteste del governo e del popolo filoindipendentista, che però non hanno portato a niente. Probabilmente il governo e, più in generale, gli euroscettici inglesi, non volevano che si arrivasse ad una conclusione del genere siccome in entrambe le camere consultive, sia in quella dei Comuni, sia in quella dei Lords, c’è una corposa maggioranza di sostenitori del remain, il cui voto potrebbe giocare un brutto scherzo al governo May,che si troverà, dopo il voto ,la cui data è ancora ds destinarsi, ad un bivio: da una parte, in caso di conferma del si all’uscita, continuerebbe [il governo May]per la sua strada; se però dovesse vincere il no, dovrebbe [il governo May]attuare una Brexit più leggera o, addirittura, in caso di una schiacciante vittoria del no, la [Theresa] May rischierebbe di dover dire di no alla Brexit. Staremo a vedere.
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